“Jojo Rabbit” di Taika Waititi

Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano…” Rainer Maria Rilke

Cominciamo dalla fine: il nuovo intelligente e irriverente film di Taika Waititi termina con questa citazione che implode dentro lo spettatore dopo una storia di sottile satira e feroce sarcasmo.

Si può ancora, o meglio, ha ancora un senso, realizzare un film che prende in giro il nazismo, Hitler and Co.? C’è ancora qualcosa da dire? Dopo Chaplin, i Monty Phyton, Mel Brooks…
Di sicuro Waititi lo trova e lo dimostra mettendolo in scena con quel suo marchio sagace e brillante.
Waititi scrive e dirige una commedia dalla sarcastica lucidità satirica: smontando con le armi dell’arguzia la follia della guerra e l’idiozia delle teorie sulle razza.
Occorre una forte dose di sensibilità e uno sguardo aguzzo e giocherellone e al tempo stesso maturo, per essere in grado di far ridere e, a un certo punto, far anche ammutolire, con tanto di groppo in gola, il pubblico, con una storia che ridicolizza Hitler e la sua corte.

Jojo Betzler (Roman Griffin Davis), 10 anni, appartiene  alla giovane gioventù hitleriana. Da tempo, non si hanno notizie del padre, soldato sul fronte italiano. Vive da solo con la mamma (Scarlett Johansson), fiera e impavida donna. Il giovanotto è un nazista convinto, tanto che il suo miglior amico immaginario altri non è che Adolf Hitler(briosamente interpretato dallo stesso Waititi), o almeno una sua versione coccolosa e infantile. Dopo aver partecipato, in modo fallimentare, a un campeggio – non è riuscito ad uccidere un coniglio e come se non bastasse è saltato su una mina, che gli ha lasciato delle cicatrici sul volto – Jojo scopre che sua madre nasconde una ragazza ebrea in casa. Lui, futuro della Germania nazista, si trova con una clandestina in casa, è impensabile.

Jojo cresciuto in una cultura dell’odio, protetto per quanto possibile dalla madre, conosce solo quello che gli è stato insegnato da chi comanda. Quando inizia a dialogare con l’ebrea Elsa (Thomasin McKenzie), le pone tutta una serie di domande ridicole per il pubblico, ma serie per un ragazzino che è stato educato secondo le teorie della razza pura.
Quando chiede a Elsa con tono accusatorio di disegnarle dove vivono gli ebrei, lei gli fa un ritratto della sua faccia rispondendo “nella tua testa”.
Ambientato durante gli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale, mostra Jojo che inizia a capire il lavaggio del cervello, a conoscere il dolore e a intravedere la verità grazie all’amore. Ispirato a “Caging Skies”, un romanzo di Christine Leunens, che ha un tono serio, distante da quello del film, Jojo Rabbit può contare anche sul giovane attore principale, Roman Griffin Davis che sfoggia una gamma di espressioni da attore consumato.

Waititi (madre ebrea, padre maori) riempie il suo film di sketch dal ritmo sostenuto e con una galleria di caricature riuscite (esilarante la nazista di Rebel Wilson seguita a ruota dal Capitano Klenzendorf di Sam Rockwell). Notevole anche la colonna sonora, di Michael Giacchino, incalzante armoniosa ed espressiva (ci sono I Beatles, Tom Waits e David Bowie, … giusto per farvi capire la grinta di Waititi).

È l’amore che cambia il mondo, questo dice Waititi con grande semplicità.