“La Petite” di Guillaume Nicloux

Tratto dal romanzo di Le Berceau  (2019) di Fanny Chesnel, sceneggiato dalla stessa autrice con il regista Nicloux, interpretato con tenera malinconia da un perfetto Fabrice Luchini, La Petite è un dramma toccante e sobrio sul tema della maternità surrogata.

Vietata in Francia, ma libera, senza regolamentazione, in Belgio, la maternità surrogata (o utero in affitto) è la prassi cui si affida la coppia francese formata da Joachim e Emmanuel per avere un figlio dalla giovane belga Rita (Mara Taquin).

Dopo che un tragico incidente rende orfano il nascituro, il padre di Emmanuel, Joseph (Fabrice Luchini), anche se lui stesso non è certo di essere il nonno “biologico, cerca in tutti i modi di contattare la donna per poter avere un ruolo nel futuro del nipote,  nella speranza di poter prolungare l’esistenza di suo figlio, con cui aveva diradato i rapporti dopo la morte della moglie.

L’incontro e la frequentazione con la madre di suo nipote sono fragili e ostili, audaci e umani.
Aggettivi, questi ultimi, che possono essere attribuiti al film stesso.

La Petite è un piccolo (per la durata di appena un’ora e mezza) film emozionante sulla perdita, sulla famiglia e sulla speranza; temi trattati con limpidezza di spirito, finezza e garbo, senza mai denunciare o alzare la voce.

I due attori in scena, Luchini e Taquin, hanno una lucidità di sguardo che instillano nella postura e nei toni dei loro personaggi.
La loro misura nell’essere Joseph e Rita e la partitura di Ludovico Einaudi sono il valore aggiunto che contribuisce a dare un equilibrio tra i punti di vista, tra un nonno e una giovane madre.



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