“Leggere Lolita a Teheran” dalle Parole di Azar Nafisi alle Immagini di Eran Riklis

Nell’autunno del 1995, dopo aver dato le dimissioni dal mio ultimo incarico accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura. Tema del seminario era il rapporto tra realtà e finzione letteraria. Le mie ragazze erano di estrazione sociale molto diversa, così come diverso era l’orientamento ideologico e religioso; eppure condividevano lo stesso disagio, che nasceva dalla confisca da parte del regime dei loro momenti più intimi e dei loro desideri. Uno dei motivi per cui avevo scelto proprio quelle ragazze era la strana combinazione di “coraggio e fragilità che avevo riconosciuto in loro. Ciascuna era, a suo modo, una solitaria: nessuna apparteneva a gruppi o cerchie. In un certo senso, riuscivano a sopravvivere non «malgrado» quella solitudine, ma proprio grazie a essa, e io le ammiravo per questo”.

Azar Nafisi, figlia del sindaco di Teheran, imprigionato mentre lei studiava in Svizzera, e di una “delle prime sei donne elette in Parlamento, nel 1963, è (stata) una docente universitaria di Letteratura Inglese e Americana, saggista, scrittrice; nel 2003 ha pubblicato (in Italia con la casa editrice Adelphi) Reading Lolita a Teheran, un romanzo-saggio-autobriografia che è subito diventato simbolo ideologico e morale della vita delle donne in Iran durante la Rivoluzione Persiana (1978/79), dalla caduta dello scià Reza Pahlevi all’arrivo di Khomeini trasformò l’Iran in una Repubblica Islamica.
In Leggere Lolita a Teheran, La Repubblica dell’Immaginazione, Leggere Pericolosamente (tutti editi da Adelphi) Azar Nafisi, che dalla metà degli anni 90 (dal 2a giugno del 1997) vive negli Stati Uniti, ha raccontato il potere della letteratura per sopravvivere alla dittatura di un regime religioso. Nella a quarta di copertina di Leggere Lolita a Teheran si legge che questo testo è un atto d’amore per la letteratura e una beffa giocata a chiunque cerchi di interdirla,


Il regista Eran Riklis, nato a Gerusalemme nel 1954, cresciuto a Montreal, New York, New Haven, Rio de Janeiro e Beer Sheba, autore di Il giardino di limoni, La sposa siriana, Dancing Arabs, Il responsabile delle risorse umane, si è innamorato nel 2009 del romanzo Leggere Lolita a Teheran: “Ma a quei tempi ero troppo impegnato per seguire il progetto e pian piano l’ho dimenticato, finché un giorno del 2016 i miei occhi si sono imbattuti nel libro nella mia biblioteca, e ho sentito che dovevo verificare se i diritti del libro fossero ancora liberi. Ho trovato Azar su Facebook, abbiamo parlato, le ho chiesto se potevo raggiungerla a Washington DC e se le andava bene un regista israeliano. Mi ha risposto di sì a entrambe le domande e una settimana dopo ci siamo incontrati a Washington, abbiamo parlato a lungo del libro, dell’Iran, di Israele, dei film della vita”.
Leggere Lolita a Teheran ha vinto il vinto il Premio del Pubblico e il Premio Speciale della Giuria al Cast Femminile all’ultima Festa del Cinema di Roma.

Marjorie David (produttrice e sceneggiatrice di serie televisive e film, Dark Angel, Brothers and Sisters, Satisfaction, Taken) ha adattato le parole di Nafisi, osservando e capendo la libertà e il desiderio dirompente di libertà non oltre ma attraverso il velo, cioè dall’interno. Ne ha colto così prima di tutto la complessità dell’essere donna sotto una dittatura religiosa, e poi ha colorato la sceneggiatura con toni lucidi per raccontare l’intimità di vivere in Iran secondo i dettami di un regime “incapace di decifrare o di capire tutto ciò che fosse complicato o fuori dagli schemi, infuriati con quelli che consideravano serpi covate in seno, gli integralisti furono costretti a imporre le loro formule rudimentali anche alla narrativa. E così come perseguitarono i colori della realtà, cercando di adattarla al loro mondo in bianco e nero, si accanirono -al pari dei loro antagonisti ideologici -contro qualsiasi forma di interiorità in narrativa, finendo per perseguitare proprio i romanzi privi di contenuti politici. Come quelli della pericolosissima Jane Austen, ad esempio“.

Leggere Lolita a Teheran è stato girato in Italia e può essere proiettato sul grande schermo grazie alla produzione italiana: “Il mio produttore, Michael Sharfshtein, che purtroppo è scomparso nel 2022, e io abbiamo bussato a tante di quelle porte. L’unica che rimaneva sempre aperta era quella di Moshe Edery, amministratore delegato e proprietario del più grande gruppo di intrattenimento israeliano, la United King Films, che ha creduto nel film fin dall’inizio e ha mantenuto la parola e il suo sostegno durante tutto il nostro percorso. Nel 2021 ho partecipato a un festival del cinema a Roma e ho avuto la fortuna di incontrare la produttrice italiana Marica Stocchi, che a sua volta mi ha presentato Gianluca Curti di Minerva Pictures. Entrambi si sono subito appassionati alla storia, al progetto e a me… Come io a loro. Raccogliere
finanziamenti non è stato facile (ma è mai facile?) e alla fine, a metà del 2022, abbiamo saputo che il film si sarebbe fatto”.

Per circa due anni, quasi tutti i giovedì mattina, con il sole e con la pioggia, sono venute a casa mia, e quasi ogni volta era difficile superare lo choc di vederle togliersi il velo e la veste per diventare di botto a colori. Eppure, quando le mie studentesse entravano in quella stanza, si levavano di dosso molto di più. Lentamente, ognuna di loro acquisiva una forma, un profilo, diventava il suo proprio, inimitabile sé. Quel piccolo mondo, quel soggiorno con la finestra che incorniciava i miei amati monti Elburz, diventò il nostro rifugio, il nostro universo autonomo, una sorta di sberleffo alla realtà di volti impauriti e nascosti nei veli della città sotto di noi. Uno dei motivi per cui avevo scelto proprio quelle ragazze era la strana combinazione di coraggio e fragilità che avevo riconosciuto in loro. Ciascuna era, a suo modo, una solitaria: nessuna apparteneva a gruppi o cerchie. In un certo senso, riuscivano a sopravvivere non «malgrado» quella solitudine, ma proprio grazie a essa, e io le ammiravo per questo

Eran Riklis è riuscito a dare alle sue immagini il carisma e il coraggio del romanzo.

Il libro è diviso in 4 capitoli (Lolita, Gatsby, James, Austen) e un epilogo.
Il film è scandito in 4 parti: Il grande Gatsby che si svolge nel 1980 (a differenza del romanzo che parte dagli anni 90); Lolita che si svolge dopo che Azar ha lasciato l’insegnamento all’università; Daisy Miller e Orgoglio e pregiudizio che come nel romanzo alternano vicende personali e dell’Iran, tra passato e presente. Nell’arco temporale di ventiquattro anni Azar Nafisi (magnificamente interpretata da Golshifteh Farahani), tornata in Iran avvolta dalla speranza di essere protagonista di un nuovo Iran, si trova a dover fronteggiare la rabbia contro l’Occidente e contro le donne, cui vengono sottratte le libertà e i colori. In una realtà di imposizioni religiose, chador, controlli efferati di polizia, la Letteratura diventa strumento di ribellione.

“Ci tengo a ripetere ancora una volta che noi non eravamo Lolita, l’ayatollah non era Humbert e l’Iran non era quello che Humbert chiama il suo principato sul mare. Il romanzo non è una critica alla Repubblica islamica, ma una denuncia dell’essenza stessa di ogni totalitarismo. Lolita è una di quelle vittime che non hanno diritto alla difesa, e non possono nemmeno fornire la propria versione dei fatti. Per questo è vittima due volte: le viene sottratta non solo la vita, ma anche la possibilità di raccontarla.

Last but not least, a coronare il successo di questo film potente è la scelta di un cast formidabile. Le attrici e gli attori sono iraniani o cresciuti in una famiglia esule iraniana, e con i loro sguardi intensi, convincenti ed emozionanti hanno saputo restituire la stratificazione del romanzo di Nafisi.
Golshifteh Farahani è Azar Nafisi.
Zar Amir (Holy Spider, Tatami) è Sanaz “oppressa dalla famiglia e dalla società, era sempre in bilico tra desiderio di indipendenza e bisogno di approvazione.”
Mina Kavani (Gli orsi non esistono) è Nassirin “una volta la chiamavo «Stregatto», perché appariva e spariva a ogni svolta inattesa della mia carriera accademica. La verità è che non ci riesco, a descriverla: lei aveva in sé la propria definizione. Nassrin era Nassrin, e basta.”
Bahar Beihaghi (Stockade) è Mahshid “il lungo velo nero contrasta con i lineamenti delicati e il sorriso schivo; era brava in tante cose, e in tutte metteva una tale grazia che avevamo deciso di chiamarla «Milady».”
Isabella Nefar (Profeti) è Yassi “la più giovane del gruppo. L’avevamo soprannominata «la comica». Era timida, ma per certe cose si scaldava, perdendo qualunque inibizione.”
Raha Rahbari (Hounds of War) è Manna “la nostra poetessa riusciva a trovare briciole di poesia anche in cose che la maggior parte della gente considera insignificanti. ”
Lara Wolf (Quantico, Those about to die) è Azin “sfacciata, senza peli sulla lingua, Azin si divertiva a provocare le altre con i suoi gesti e i suoi commenti, spesso scontrandosi con Mahshid e Manna. La chiamavamo «la selvaggia».”