Tra il 2007 e il 2010 è andato in onda su Fox/Sky “Boris”, scritto e diretto da Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo. Finora è la migliore serie televisiva italiana, nel senso di competitiva con l’estero, interpretata con disinvoltura nobile e impeccabile, una serie tv di pura satira che sbeffeggia senza pietà il dietro (e davanti) le quinte dei telefilm/telenovela italiani, soprattutto di impronta “medical”, in più generatrice di modi modi di dire sempre attuali, anche dopo 15 anni.
Nel 2011 il film Boris. Il film sul grande schermo ha salutato i fan oramai sudditi fedeli del pesciolino rosso (Boris) e di tutto l’iconico o leggendario cast.
Oggetto di venerazione e di molteplici visioni per quell’umorismo nero e cattivo,Boris ha fatto il suo ingresso su Netflix durante la Pandemia. Il successo riscosso, da chi lo ha rivisto e sorpattutto da chi lo guardato per la prima volta, ha fatto invocare a gran voce una quarta stagione.
Eccoci qui. Disney+ ha raccolto quella preghiera, e dal 26 ottobre (a questo punto nuova data storica televisiva) arriva la quarta stagione: Boris torna con 8 episodi, scritti e diretti da Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle.
Mattia Torre non c’è più, sentiremo la sua mancanza per sempre.
Abbiamo visto i primi due episodi in anteprima, si avverte la sua “presenza” con una evocazione che riempie il cuore di tenerezza, risate e commozione.
Sono passati dieci anni e tutto è cambiato. La morente tv generalista – con i suoi medici buoni e le paternali contro la droga – è ancora più morente e perfino René e i suoi amici ora lavorano per una Piattaforma globale. La serie che René deve girare stavolta è Vita di Gesù, da un’idea di Stanis La Rochelle. Che non solo vestirà i panni del protagonista, notoriamente morto a 33 anni quando lui ne ha 50, ma anche quelli di produttore, con la sua SNIP (So Not Italian Production). Stanis l’ha fondata con Corinna, che da qualche anno è anche sua moglie. La scrittura di Vita di Gesù è stata affidata ai soliti tre sceneggiatori. Coproduttore e organizzatore è Lopez, che, in pensione dalla Rete, si è reinventato produttore con la sua QQQ (Qualità, Qualità, Qualità).
L’occasione da non lasciarsi sfuggire è che la Piattaforma europea più importante sta seriamente prendendo in considerazione il progetto ma, prima del via libera definitivo, serve l’approvazione delle sceneggiature (il “lock”) da parte dell’Algoritmo. Tutto sembra procedere bene ma cosa comporterà lavorare sotto questo nuovo padrone? René saprà approfittare della nuova occasione per girare una serie finalmente di qualità ma soprattutto i nostri sapranno adattarsi al mondo che è cambiato così rapidamente?
“Ci siamo domandati “è ancora possibile raccontare le vicende di una troupe che gira una tradizionale fiction nazionalpopolare nel 2022? – hanno raccontato gli autori/registi – Ha ancora impatto satirico? Coglie l’aria dei tempi?”. Boris nel 2022 poteva ancora attaccare la buona vecchia tv per famiglie, tranquillizzante e intimamente “democristiana” (dato che quella tv si fa ancora, non è affatto sparita)? In qualche modo dovevamo far approdare i nostri improbabili protagonisti nel salotto buono della produzione internazionale di oggi: la Piattaforma“.
Una scrittura che continua a stupire, non delude, geniale e graffiante, con ordigni comici improvvisi, con Mattia Torre nel cuore “abbiamo sempre avuto la sensazione di lavorare in tre – ci hanno raccontato gli autori -. Avevamo convintamente chiuso con la terza stagione, ma poi ci siamo ricordati quando eravamo fruitori di sitcom: abbiamo sempre considerato che non avevano il diritto di terminare, avevamo noi la possibilità di non continuare a guardarle. La sitcom deve decadere, non interrompersi… Per quanto riguarda la ripresa dei personaggi, abbiamo lavorato su persone legate alla realtà. Non potevamo avere una soluzione alla “Simpson“, senza mutare i rapporti, anche perché nel frattempo dovevano aver vissuto in un mondo che è cambiato. Non eravamo sicuri di riuscire a farlo, abbiamo capito che Boris non poteva sottrarsi al compito di dialogare con questo nuovo sistema televisivo. Cambiare tutto per non cambiare niente, insomma. Per spiegare meglio: Alessandro ha un ruolo diverso, ma resta sempre uno schiavo, in un altro posto, ma sempre schiavo. Non è stata una sfida facile. Si possono fare tutti questi cambiamenti e non scontentare tutti? Non lo sappiamo, ma ci abbiamo provato.”