“Maradona” di Emir Kusturica

Presentato al Festival di Cannes, nella sezione Midnight Screenings, esce in questi giorni un film documentario su Diego Armando Maradona. Il regista, Emir Kusturica ha realizzato un sogno nel cassetto, o forse più di uno: incontrare il suo idolo e raccontarne la storia. La profondità della sua decisione va cercata nelle origini dello spirito nobile con cui entrambi sono cresciuti, nella povertà di due popoli che hanno visto le loro patrie (Ex Yugoslavia per Kosturica, Argentina per Maradona) affossate dal debito pubblico, schiacciate dal Fondo Mondiale Internazionale (FMI).

Questo documentario dura 90 minuti, come una partita di calcio. Ed è, infatti, dal calcio che Kusturica avvia la sua opera. Più esattamente dal goal della giustizia, quello segnato da Maradona contro l’Inghilterra, nel 1986. Il Goal, divenuto simbolo della ribellione contro l’imperialismo, verrà più volte riproposto, in tutte le angolazioni, durante il film, alternato a immagini di repertorio dei combattimenti alle Malvinas (Guerra delle Falkland) e di Margaret Thatcher e a immagini sbeffeggianti della regina Elisabetta II e del suo erede Carlo d’Inghilterra, di Bush e Blair, in versione cartooniana, dove vengono dribblati con maestria, a volte affossati, da Maradona.
_ Il documentario è guidato unicamente dal punto di vista di Kusturica, l’obiettivo si focalizza sull’immagine dorata che un fedele ammiratore ha del suo mito. L’ambizione di raccontare la verità, scrutando da vicino la vita di Maradona, ha ceduto spesso il passo all’agonia di fronte a una star del cuore, elevata a eroe rivoluzionario, offuscando la credibilità nei suoi confronti come artista, da parte di un pubblico critico.

Le riprese sono durate quasi due anni, al termine dei quali lo stesso regista ammette di non essere riuscito a capire la complessità della persona e del personaggio Maradona.
Questo documentario è girato con semplicità, una piccola troupe; riprende Emir Kusturica, presenza fissa nella sua stessa opera, nei suoi tentativi di avvicinarsi al Pibe de Oro, l’incontro nella sua casa, in occasione del compleanno della figlia Dalma.
Le immagini amatoriali, le chiacchierate tra Emir e Diego, restano intatte nella loro spontaneità iniziale. I rumori, le voci dei presenti, sono il sottofondo di questa ricerca di costruzione della storia di questo eroe putativo.
_ La macchina da presa ha documentato i viaggi, tra Buenos Aires, Napoli, Cuba, Sarajevo; il montaggio ha creato collegamenti con il passato utilizzando sia frammenti di vecchi filmati, dai primi palleggi, alla gloria, al doping, alle cadute e alle successive rinascite, sia un collage di volute analogie con spezzoni dei celeberrimi film di Kusturica. Questi, infatti, lo considera un grande attore della vita (Maradona avrebbe voluto essere come De Niro), lo vedrebbe come protagonista in molti dei suoi film da Ti ricordi di Dolly Bell?Papà… è in viaggio d’affari e soprattutto Gatto nero, Gatto bianco.

L’astuzia calcolata del montaggio farà sorridere inizialmente lo spettatore, ma poi lo lascerà perplesso e scioccato per la delirante favola religiosa, quasi blasfema, che il popolo di Maradona ha costruito su di lui; esiste una chiesa maradoniana, con versione personalizzata del Padre Nostro o l’ave Maradona sulle note di Schubert.
_ Con disinvoltura, si concede spazio anche a un ammirato reportage sul fanatismo, che considera Maradona “la mano di Dio“, che lo bacia mentre passa per strada, come i devoti baciano le statue dei santi in processione, che ha perdonato a lui tutto, proprio come si perdonava agli dei.
_ Considerato il Messia, un Dio, tanto che Kusturica attribuisce, giustificandoli, i problemi di droga alle elevate aspettative che i suoi ammiratori avevano nei suoi confronti.
Maradona sembra pentirsi, ma con la consapevolezza di essere considerato onnipotente, perché non facendo uso di cocaina avrebbe potuto essere migliore e non perdersi la crescita della sua famiglia.
Si percepisce l’idea che i suoi pentimenti convincano e commuovano solo coloro che lo amano.