“No Time to Die” di Cary Fukunaga

Esce dopo due anni di trepidante attesa No Time To Die, il nuovo film con protagonista l’agente segreto più famoso al mondo: 007.
Motivi per andarlo a vedere.


Motivo numero uno, forse il più importante: Universal non ha ceduto allo streaming. Nonostante abbia ricevuto offerte, ha creduto nelle Sale, ha aspettato e ha fatto uscire il 27° film su 007 sul Grande Schermo.
Motivo numero due: Daniel Craig, che ha dato a Bond, James Bond carisma e brio.

Scritto da Neal Purvis, Robert Wade, con Phoebe Waller-Bridge, con le musiche sfavillanti di Hans Zimmer, e diretto da Cary Fukunaga, James Bond, l’uomo dell’intelligence britannica, che difficilmente rispetta il manuale delle spie, mai come ora è un uomo inedito, indossa la divista (morale) del supereroe/antieroe per salvare il mondo. Mai come ora, questo “007” è maliconicono nel suo sguardo verso il futuro e cinico nel guardare in modo drastico il passato, che deve essere lasciato alle spalle. Non è un cosa facile per i fan premere il grilletto.

Un’arma biologica di distruzione di massa conosciuta con il nome di Heracles, messa a punto anni fa, ora è stata dotata di un vantaggio tecnologico, e rubata da un laboratorio segreto dalla malvagia SPECTRE. Bond, ritiratosi in pensione su una remota isola tropicale, viene inevitabilmente e ovviamente coinvolto nella pericolosa faccenda (passando anche per Matera).

No Time to Die è la dimostrazione che 007 è un thriller stare al passo con i tempi, non c’è un’ombra o un filo di polvere in questo nuovo film della saga che può permettersi di guardare dall’alto in basso tanti recenti film d’azione.
Teso, sbruffone quanto basta, esagerato e, sì, anche commovente, sono gli ingredienti e i sentimenti agitati per bene in questo film di cui tanto si è parlato, spettegolato, ipotizzato per il futuro di 007.
Razionalmente è vero: 007 è solo un numero, un nome in codice, 003, 004, … per identificare un agente segreto al servizio di Sua Maestà.
Affettivamente però 007 è James Bond nato dalla penna di Ian Fleming nel 1953.
Qui torniamo al discorso del malinconico. È un film convenzionale, se lo paragoniamo agli altri 007, ma qui c’è anche il cuore. E non si scherza con il cuore, con i sentimenti dei fan.