“Reas” di Lola Arias

Reas è un lavoro collettivo che reinventa il genere musicale: gli artisti ballano e cantano il loro passato in prigione, rivivono la loro vita come finzione e inventano, attraverso la fantasia e l’immaginazione, un possibile futuro per se stessi.

Reas racconta la storia di alcune ex detenute che hanno scontato la loro pena all’interno di Ezeiza, la struttura carceraria femminile di Buenos Aires, vicino al piccolo aeroporto con lo stesso nome. Tra di loro c’è Yoseli, che ha un tatuaggio della Torre Eiffel sulla schiena circondato dalle parole “never give up” e ha sempre desiderato viaggiare, ma è stata arrestata all’aeroporto per traffico di droga. In prigione incontra le sue “future compagne” di cella, tra cui Nacho, un trans, arrestata per truffa e ha fondato un gruppo rock in prigione, e zia Noe, un’ex prostituta travestita, senza denti, che, come Madonna, ama Vogue.
A completare il tutto ci sono un trio di guardie carcerarie che sono anche ex detenute.

Dopo il suo precedente lavoro, Theatre of War (2018), anche questo un documentario che univa fiction a realtà con non-attori protagonisti di situazioni drammatiche, Lola Arias torna alla Berlinale, sempre nella sezione Forum, con una storia ruvida e toccante su speranza e aspettative di queste donne in prigione.
Le canzoni sono composte da Ulises Conti, non sono memorabili, ma danno il ritmo a questa storia commovente di emancipazione.