Dopo 15 anni insieme, Ale (Itsaso Arana) e Alex (Vito Sanz) hanno avuto la folle idea di organizzare una festa per celebrare la loro recente separazione.
I paranti e gli amici (alcuni scommettono che cambieranno idea) sono piuttosto scettici. La coppia sembra sicura della decisione finché non deve fare i conti con le questioni pratiche, con i ricordi e con il futuro.
Ed è su questo ultimo punto – sul catturare quella fase di transizione che va dalla decisione di porre una fine a una storia d’amore alla separazione effettiva – che Jonás Trueba incentra il suo film effimero, con un po’ troppi cliché, mescolando realtà e finzione.
Ale è una regista, Alex un attore. Trueba usa le loro professioni per mescolare le carte sul grande tavolo del gioco “la vita imita l’arte”.
Ogni volta che la coppia rivela a un “invitato” il matrimonio al contrario, la decisione di separarsi, elabora e riflette sul futuro.
E qui Trueba si diletta in un metacinema inserendo trasversalmente momenti dell’ultimo lavoro che Ale e Alex stanno realizzando insieme.
Lo spettatore ha la chiara percezione che il regista si stia divertendo e voglia divertirsi puntando fin troppo in alto, a partire dal riferimenti sofisticati come la ripetizione e il ricordo studiati da Søren Kierkegaard.
Le premesse sono molto allettanti, ma Trueba commette un passo falso quando a tutti i costi vuole superare il confine tra realtà e cinema, ma resta ancorato troppo a quell’effimero di cui parlavamo, e quindi tutti diventa faticoso e si perde la curiosità.