“Un Luogo Incerto” di Fred Vargas

Inghilterra, Francia, Svizzera, Serbia, Germania, sono alcuni dei luoghi in cui dal passato emergono non uomini, che vagano affamati, leggende secolari, faide e diciassette scarpe ritrovate con altrettanti piedi dentro.

Fred Vargas è lo pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau, ricercatrice di archeologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche, ma soprattutto è una scrittrice, una giallista dotata di fine estro narrativo, di fluida sagacia descrittiva, di uno spirito sopra le righe nel perlustrare l’animo umano. 

Un luogo incerto è il suo nuovo romanzo che vede, nuovamente, come protagonista il Commissario Adamsberg, “lo spalatore di nuvole”, un uomo che “non è timido, ma sfiora i sentimenti con cautela”.


E con lui torna protagonista a indagare su un caso, che cela, da tre secoli, segreti spaventosi, credenze e miti, la sua squadra, tra cui l’impagabile e fedele Danglard, la valorosa Retancourt, il giovane Estalére, il misantropo Noel. Una squadra attenta, divisa per lo più in positivisti e concilianti nei confronti del loro Commissario. Chi ha imparato a conoscere Adasmsberg sa che è un adepto dei sottili filamenti della vita e questa nuova opera, Un luogo incerto, si distingue dai libri precedenti per un’ironia nuova, più incisiva, meno sottile. Rappresenta, un tassello in più di conoscenza, per il lettore, del mondo di Jean-Baptiste Adamsberg, della sua logica, illogica, che può gaiamente far impazzire i suoi collaboratori e a volte interdire il lettore per e con la sua calma. Ma il fascino con cui, anche qui, Vargas, tinge questo giallo è appassionante, un racconto mirabilmente intrecciato di colpi di scena.
Questa nuova avventura vede tutta la squadra dell’anticrimine perdere quasi il sonno, dietro efferati omicidi, senza precedenti, spaventosi per le dinamiche disumane e freddamente lucide con cui sono stati compiuti.
L’ombra o il mito del vampiro è lo strumento che Fred Vargas utilizza per costruire un puzzle di indizi gotici, genealogie antiche, che portano i protagonisti del romanzo a indagare tra paura e ragione, che li rende vulnerabili, soprattutto il Commissario. 

Fred Vargas riesce, come sempre, ammirevolmente, ad abbordare il lettore, portandolo con sé, facendogli incrociare strade e percorsi, per poi riportarlo al punto di partenza. Il suo gioco giallista, difficilmente prevedibilerimane, rimane aperto fino alla fine.
La capacità di Vargas di distinguersi da altri scrittori del suo genere, è racchiuso nello scheletro dei suoi gialli, nel profondo imprintig caratteriale che dona ai suoi personaggi, mai abbozzati, sempre curati, coerenti e soprendenti, nella loro quotidianità pura. 

A un’intervista a Liberation ha dichiarato “«Avevo da due anni l’idea delle scarpe in cui sarebbero stati ritrovati piedi mozzati. È venuta fuori da una chiacchierata con mio figlio, si scherzava. “Immagina che si trovino diciassette scarpe”, “Ah sí, ma con i piedi dentro…” Poi avevo voglia di una storia di vampiri, una bella storia di vampiri, come quelle che si raccontano attorno al fuoco per sospendere l’ansia della vita. Avevo tredici anni quando ho letto Bram Stoker. Mi colpí molto. E mi sono interessata al caso Plogojowitz, che aveva fatto molto scalpore nel diciottesimo secolo. Pensavo che Plogojowitz venisse dalla Slovenia, dunque ho cominciato a scrivere in quella direzione, fino a che non ho conosciuto una signora serba molto colta… Questo mi ha sconcertato: la Serbia è troppo sensibile, le persone sarebbero di sicuro andate in bestia… Ma insomma, Plogojowitz è un personaggio davvero esistito e viene davvero da lí. Dunque ho trovato questo stratagemma, di persone che non parlano della guerra, e di uomini che non avevano partecipato alla guerra perché “qui non lasciano donne e bambini soli al villaggio”».