“Inshallah A Boy” di Amjad Al Rasheed

Opera prima di Amjad Al Rasheed (che ha scritto insieme a Delphine Agut e Rula Nasser), primo film della Giordania al Festival di Cannes nella 62e Semaine de la Critique, la storia del bellissimo Inshallah A Boy è ispirata a un parente molto stretto del regista, che ha vissuto lo stesso dramma.
Secondo le leggi giordane, guidate dalla giurisprudenza islamica della Sharia, se una moglie non ha un figlio maschio, e il marito muore, la famiglia di quest’ultimo ha diritto a una quota dell’eredità. 

Succede così, Nawal (Mouna Hawa) una mattina si sveglia e il marito non c’è più. Restano solo lei e la figlioletta Nora (Selena Rababah). Nawal non ha tempo di vivere il suo dolore, non ha tempo per piangere: non solo viene a scoprire cose sul marito che non sapeva, ma viene trascinata in tribunale da suo cognato, Rifqi (Haitham Omari). Perché non le portino via la casa, e di conseguenza la custodia della figlia, Nawal, che lavora come badante dall’altra parte della città, disperata finge di essere incinta per avere 9 mesi a disposizione per risolvere i molteplici guai.

Al-Rasheed ha dichiarato di aver parlato con molte donne, e di aver trovato un filo conduttore che le collega tutte le loro paure: “Tutte sentivano di essere l’anello più debole e che, in fin dei conti, la legge semplicemente non le supporta”. Ha voluto realizzare questo film per “spingere le persone a pensare e ripensare a ciò che è stato normalizzato per così tanti anni”.

Inshallah A Boy inizia come la storia di una giovane donna determinata a combattere per la figlia e per se stessa. Minuto dopo minuto, la sceneggiatura incredibilmente semplice nella sua emotività, eppure potente nel coinvolgere lo spettatore che si ritrova impotente e senza parole, rivela una serie di informazioni dando al dramma in atto la tensione di un thriller dove la protagonista si trova strangolata dai legami famigliari.
Intorno alla protagonista ruotano altre donne, e altre situazioni di diseguaglianza. Nawal diventa il simbolo di una lotta affinché le generazioni future (e qui subentra il pensiero del regista) ereditino l’uguaglianza.