“L’Histoire de Souleymane” di Boris Lojkine

Souleymane (un commovente Abou Sangare) ha due giorni per prepararsi al colloquio che determinerà se la sua richiesta di asilo verrà accolta o meno.
Mentre gira per Parigi in bicicletta consegnando cibo da asporto, prepara e si immedesima in una storia ben congegnata, canonica, che gli è stata raccontata dal collega guineano Barry (Alpha Oumar Sow).
Ma man mano che il momento del colloquio si avvicina, l’ansia di Souleymane iniziano ad avere la meglio su di lui, e si chiede se riuscirà a realizzare ciò che ci si aspetta da lui.

Il terzo film di finzione del regista francese Boris Lojkine (dopo Hope del 2014 e Camille del 2019) è un dramma sociale e compassionevole che inizia il viaggio da domande e ricerche approfondite.
Insieme alla direttrice del casting Aline Dalbis, ex regista di documentari, Lojkine ha incontrato molti riders (corrieri di diverse società che consegnano cibo a domicilio). Hanno raccontato i retroscena del loro lavoro: i problemi e le truffe di cui erano vittime, le loro interazioni con i clienti, le loro difficoltà nel trovare un alloggio, i rapporti con gli altri colleghi fattorini, altri colleghi che non necessariamente sono loro amici. Ovviamente in tutte tutte le loro storie, la questione dei documenti occupava il primo posto.

Tutte le storie raccolte sono state sceneggiate da Lojkine con Delphine Agut per costruire la storia di Souleymane.
Presentato nella sezione Un Certain Regard del 77° Festival di Cannes, è un film che patisce un po’ nel ripetersi, soprattutto nella prima parte quando racconta, con grande attenzione ai dettagli, le difficoltà che Souleymane deve affrontare sul lavoro durante il giorno e le lotte per assicurarsi un posto dove dormire la notte. Nella seconda parte, quella più efficace, sviluppa meglio la personalità del protagonista in attesa del colloquio per il permesso di soggiorno.